15 novembre 2012

Francesco Ingravalle

Docente di filosofia e maestro personale

“Lui era filosofo per natura, io per gli studi fatti. Così ci incontravamo periodicamente per intavolare conversazioni a tema libero: poteva essere l'apeiron di Anassimandro e la sua raffigurazione del chaos, poteva essere la bellezza, l'arte, la natura, l'anima o dio. Raramente il pensiero politico. Qualunque cosa gli si presentasse alla mente come possibile base per la costruzione di un gioiello, diventava il punto di partenza. Mentre mai si sapeva dove si sarebbe arrivati”.

“L'ho sempre immaginato come un perfetto uomo del XVIII secolo nella Edimburgo di Hume. La sua curiosità, il suo informarsi in modo dettagliato per soddisfarla. E tutta la ricerca che da qui ne scaturiva”.

“Mi rimasero impressi il suo equilibrio, la sua grande generosità e gentilezza (caratteristiche non comuni tra gli artisti). I nostri incontri terminavano sempre con una cena in luoghi che mai avrei immaginato di frequentare. Anche qui il gusto del signor Cirio non si smentiva: l'attenzione alla creazione dei piatti, da un punto di vista dei componenti così come della presentazione, era inequivocabilmente la base della cucina proposta dai ristoranti prescelti”.

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